
IL CANTO DEI GIGANTI
Il canto dei giganti
sui Giganti della Montagna di Luigi Pirandello
un progetto di e con Manuela Mandracchia e Fabio Cocifoglia
e con Mario Crispi, Mario Rivera, Chiara Minaldi
musiche originali eseguite dal vivo di Agricantus
I Giganti della montagna di Luigi Pirandello è un testo incompiuto, che racconta la sua grave crisi di uomo e teatrante, attraverso il rapporto tra musica e parola mescolando differenti livelli e tradizioni.
Lo spettacolo che intreccia la scrittura di Pirandello (le novelle Il figlio cambiato e Colloqui con i personaggi, il testo teatrale I Giganti della montagna, il libretto dell’opera La favola del figlio cambiato) con la musica degli Agricantus, un folk ambient che rielabora la tradizione musicale siciliana e del mediterraneo con la musica elettronica, narra la storia di una compagnia di attori e musicisti che gira per teatri, sale concerti e piazze per portare al pubblico La favola del figlio cambiato. Per la compagnia è come una missione, un compito morale, in un mondo che si è allontanato dalla poesia, dal teatro, dalla bellezza. Ma mentre la trama, tra musica e parola, si dipana, un “incidente” fa emergere il momento di crisi che sta vivendo la compagnia. E così la Favola del figlio cambiato scivola nel racconto della sfiancante tournée di compagnia girovaga. In particolare, si rivive il ricordo di un incontro del giorno prima (o forse di tanto tempo prima, chissà) quando, tra stanchezza, fame, frustrazione e pubblici ostili, la compagnia sul far della notte arriva ad una villa cadente abitata da un gruppo di bizzarri individui, tutti riuniti in una strana comune dedita alla poesia dell’esistenza, capeggiata da un mago-santone e mezzo imbroglione: sono gli Scalognati e Cotrone. Il racconto di quest’incontro ai confini della realtà svela che gli Scalognati hanno messo gli attori in contatto con qualcosa che avevano dimenticato: la poesia per la poesia, la poesia che non ha bisogno di esibizione e vanità. Ma la compagnia non è pronta a lasciare la sua missione, decide di mettere in scena “La favola del figlio cambiato” al popolo dei Giganti. Ed è così che rivivendo questo “ricordo collettivo” che si ricordano improvvisamente di essere morti, di essere stati massacrati dal popolo dei Giganti e che ora non sono altro che anime dannate, condannate a ripetere il loro racconto all’infinito, ossessionati dall’idea che la poesia possa salvare il mondo, in una eterna circolarità di rinascita e morte, ogni volta con un granello di consapevolezza in più, ogni volta più forti e più folli per ripartire.
costumi Giuseppe Avallone